La toxoplasmosi è una malattia causata da un parassita microscopico costituito da una sola cellula, Toxoplasma gondii, che può colpire il gatto e altri mammiferi, uomo compreso. La caratteristica di questa malattia è che sebbene sia molto comune, quasi mai provoca segni clinici.

Il gatto ha un ruolo fondamentale in questa malattia, perché è l’unica specie in cui il parassita può compiere il ciclo riproduttivo completo, mentre le altre specie parassitate fungono solo da veicolo. Il gatto può infettarsi consumando le prede di cui si nutre (uccelli e piccoli roditori) se queste sono infettate; il toxoplasma si moltiplica quindi nell’intestino del gatto, producendo un gran numero di oocisti (forme di replicazione) che vengono emesse con le feci per un periodo di due o tre settimane. Dopo circa 2-3 giorni queste oocisti diventano infettanti per altre specie (uomo compreso) se vengono ingerite. Nel gatto l’eliminazione di oocisti con le feci termina dopo questo periodo e il gatto non è più infettante. La maggior parte dei gatti infettati non mostra alcun sintomo; in alcuni casi, soprattutto nei gatti più giovani, si manifestano segni non specifici quali depressione, perdita di appetito, febbre, polmonite, vomito, diarrea, ittero, talvolta sintomi a carico del tessuto cerebrale.

Per il gatto un esame del sangue (test anticorpale) permette di confermare la diagnosi. Un test positivo in un gatto sano suggerisce che sia stato infettato in passato e che sia quindi diventato immune, mentre un test negativo indica che è suscettibile di contrarre l’infezione, in seguito alla quale può eliminare le oocisti per un paio di settimane. Non esiste vaccino per questa malattia, ma se viene diagnosticata può essere efficacemente trattata con degli antibiotici (sulfadiazina o clindamicina).

Le persone possono contrarre questo parassita in due modi: ingerendo le oocisti emesse con le feci dai gatti infetti (l’ingestione può anche essere indiretta, per esempio consumando verdure lavate male, raccolte dove il gatto ha defecato), oppure mangiando carni poco cotte di animali contaminati (per esempio carne di maiale o di pecora). In realtà la malattia nelle persone ha un’importanza molto relativa: nella stragrande maggioranza dei casi non dà sintomi, o comunque provoca solo un lieve malessere che passa spontaneamente. Si calcola che una rilevante percentuale di persone (dal 30 al 50%) sia stata infetta da questo parassita e abbia quindi sviluppato anticorpi protettivi.

La toxoplasmosi è invece pericolosa se contratta durante la gravidanza. Infatti, se una donna incinta sieronegativa (che non ha mai avuto contatto con il parassita in precedenza) viene infettata durante la gestazione, può trasmettere il toxoplasma al feto (nel 30-50% dei casi) che corre il rischio di danni anche gravi. Per questo tutte le donne in gravidanza eseguono il test: se sono positive significa che sono protette perché hanno già gli anticorpi, e non hanno nulla da temere. Se invece sono sieronegative devono prendere delle precauzioni per evitare di venire a contatto con il parassita. Molti medici consigliano alle donne gravide (persino a quelle sieropositive) di liberarsi del proprio gatto, anche se sano e adulto, cosa che in realtà è inutile e crudele, oltre che causa di ansie inutili. Il gatto ha un ruolo molto marginale nella trasmissione diretta alla specie umana di questa malattia; infatti nell’intero corso della sua vita può essere contagioso solo nelle due settimane in cui, dopo essersi infettato, elimina le oocisti, che a loro volta, possono diventare contaminanti solo dopo 2-3 giorni. Bastano quindi poche semplici precauzioni perché una donna in gravidanza, anche se sieronegativa, possa convivere serenamente con il gatto, senza ansie.

Per minimizzare il rischio di contrarre la toxoplasmosi le donne sieronegative in gravidanza devono seguire queste semplici regole.

  • Alimentare il gatto esclusivamente con alimenti commerciali o carne ben cotta.

  • Impedirgli di uscire a cacciare.

  • Eliminare subito le feci, prima che le oocisti diventino infettanti (preferibilmente farlo fare a un’altra persona, o indossare guanti).

  • Il gatto può essere testato per la toxoplasmosi: se è già stato infettato ed è quindi sieropositivo, è improbabile che possa eliminare le oocisti in futuro.

  • Evitare di toccare gatti randagi, perché le zampe o il pelo possono essere contaminati con oocisti che possono inavvertitamente essere ingerite portando le mani alla bocca.

  • Se il gatto appare malato, non toccarlo e fatelo visitare dal veterinario. Se anche ha la toxoplasmosi, ricordare che può essere adeguatamente curato.

  • I gatti randagi possono deporre le feci nei giardini e negli orti, contaminando il terreno: il giardinaggio o attività simili possono portare a una contaminazione con le oocisti, se non si adottano delle precauzioni igieniche come indossare guanti e abiti protettivi e lavarsi bene le mani quando si ha finito.

La trasmissione della toxoplasmosi da parte del gatto nelle donne gravide è molto improbabile: la maggior parte dei casi è conseguente al consumo di carni poco cotte, latte non pastorizzato (soprattutto di capra) o di verdure poco lavate. Vale la pena di fare un’ultima considerazione: l’esposizione ai gatti, fin dall’infanzia, permette con molta probabilità di venire a contatto con il toxoplasma, sviluppare una solida immunità e non correre rischi durante la gravidanza.